Cos’è il Disturbo Oppositivo Provocatorio?
Il Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP) è un disturbo del comportamento, riguarda cioè il modo in cui il bambino agisce, il suo modo di relazionarsi agli altri. Il bambino con il DOP ha difficoltà ad interagire con gli altri, in particolar modo con gli adulti, ma anche con i coetanei. La sua tendenza è quella di sfidare i genitori o gli altri adulti che se ne occupano, spesso istigando e cercando il modo di generare irritazione.
Non ama seguire le regole e rispettare le richieste che gli vengono fatte opponendosi verbalmente e con le azioni. Si innervosisce facilmente, è permaloso e si arrabbia di frequente anche per futili motivi, per arrivare spesso a litigare. Di fronte al rifiuto e al non accoglimento delle sue richieste, si mostra irritato e capriccioso, sbatte i piedi e piange, si rifiuta di accettare la decisione dell’adulto. Il bambino con DOP è spesso rancoroso e cerca di vendicarsi dei torti che crede di aver subito poiché ha spesso un atteggiamento vittimistico e pessimistico e la tendenza ad incolpare gli altri per i suoi
errori e comportamenti sbagliati.
Il DPO è riscontrabile in circa il 5-10% dei bambini in età compresa tra i 6 e i 12 anni e con maggior frequenza nei maschi che nelle femmine.
Diagnosi
La diagnosi di DOP si applica a bambini che esibiscono livelli di rabbia persistente ed evolutivamente inappropriata, irritabilità, comportamenti provocatori e oppositività, che causano menomazioni nell’adattamento e nella funzionalità sociale. Un bambino al quale viene posta questa diagnosi, deve mostrare tali sintomi in maniera persistente per almeno 6 mesi e i sintomi devono causare menomazione nel funzionamento personale e sociale. Una storia precoce di DOP è spesso presente in bambini che vengono successivamente diagnosticati come Disturbo della Condotta (DC). Il DOP emerge solitamente in maniera più precoce (di solito intorno ai 6 anni) rispetto al DC (età di esordio intorno ai 9 anni). Ad ogni modo, molti bambini vengono diagnosticati come DOP in età preadolescenziale.
Sintomi del DPO
A – Una modalità di comportamento negativistico, ostile e provocatorio che dura da almeno 6 mesi, durante i quali sono stati presenti 4 (o più) dei seguenti criteri:
spesso va in collera;
spesso litiga con gli adulti;
spesso sfida attivamente o si rifiuta di rispettare le richieste o regole degli adulti;
spesso irrita deliberatamente le persone;
spesso accusa gli altri per i propri errori o il proprio cattivo comportamento;
è spesso suscettibile o facilmente irritato dagli altri;
è spesso arrabbiato e rancoroso;
è spesso dispettoso e vendicativo.
B – L’anomalia del comportamento causa compromissione clinicamente significativa del funzionamento sociale, scolastico o lavorativo.
C -I comportamenti non si manifestano esclusivamente durante il decorso di un Disturbo Psicotico o di un Disturbo dell’Umore.
D – Non sono soddisfatti i criteri per il Disturbo della Condotta, e, se il soggetto ha 18 anni o più, non risultano soddisfatti i criteri per il Disturbo Antisociale di Personalità.
Decorso e conseguenze
Il decorso del DOP è variabile e dipende da una moltitudine di fattori quali la gravità del problema, la presenza di disturbi concomitanti, l’integrità della famiglia.
Rispetto ai bambini della stessa età mentale questi soggetti presentano un’aggressività molto più invalidante e difficilmente modificabile: sono arrabbiati, risentiti, insofferenti, non accettano l’autorità degli adulti, si ribellano, lottano continuamente con i genitori, non si conformano alle loro regole, non rispettano gli orari, ed il loro unico obiettivo sembra voler essere quello di creare scompiglio in famiglia. Non si giudicano responsabili dei loro errori e ne attribuiscono le colpe ad altri, non hanno consapevolezza del loro problema. Questi bambini mostrano una totale incapacità di adattamento alle regole scolastiche ed il loro anticonformismo finirà col condizionare l’attività didattica dell’intera classe. Anche se dotati di un normale livello intellettivo, difficilmente potranno conseguire buoni risultati, in quanto non prestano ascolto alle direttive degli insegnanti e rifiutano qualsiasi tipo di aiuto da parte dei compagni, rendendo quasi certo lo sviluppo di un Disturbo dell’Apprendimento.
Nel contesto ludico si mostrano poco inclini alla collaborazione di squadra e all’alternanza di turni, infatti, volendo sempre stare al centro dell’attenzione, finiscono con l’intromettersi negli spazi d’azione dei compagni, impedendone la partecipazioni ai giochi comuni. Nelle altre attività, invece, cercano sempre di comandare e imporre la propria volontà ad ogni costo, arrivando ad aggredire con insulti e minacce chi non si mostra concorde con le loro idee. Gli amici, ovviamente, alla lunga si stancheranno di queste prepotenze e inizieranno anche ad aver paura delle loro reazioni improvvise ed esageratamente aggressive, così cominceranno ad evitare la loro compagnia e pian pianino inizieranno ad allontanarli dal gruppo.
Questo rifiuto da parte dei coetanei, purtroppo, non farà altro che aggravare ancor più la loro condizione di disadattati, infatti, dalla posizione marginale nella quale si troveranno relegati, risulterà loro molto difficile acquisire quelle competenze sociali che si apprendono attraverso le relazioni con il prossimo.
Nella fase preadolescenziale, è ormai evidente che, per questi bambini, la probabilità di successo accademico e sociale è ridotta al minimo. Pertanto, in questo periodo alcuni giovani si alleano in bande, le baby-gangs, cioè gruppi di giovani che condividono storie di insuccessi e rifiuti.
Il bambino con DOP non vive una vita felice e serena, non è contento del suo modo di essere, l’immagine che ha di sé è molto svalutante, si considera un incapace, indegno dell’amore altrui e crede che nessuno mai gli potrà essere amico. Si sente rifiutato, ma sa di essere lui stesso la causa del suo isolamento e così sviluppa livelli molto bassi d’autostima e spesso anche dei Disturbi dell’Umore.
Cause
Il DPO è il risultato di una combinazione tra fattori individuali (temperamento, fattori biologici, distorsioni ed errori cognitivi) e fattori contestuali (stile educativo, caratteristiche familiari).
Fattori individuali
A livello temperamentale è possibile che si verifichi un’ inadeguata interazione tra il temperamento del bambino e il temperamento del genitore. Per esempio, l’eccessiva rigidità del genitore rispetto alle regole e alla disciplina, al “modo in cui si fanno le cose”, potrebbe cozzare con l’eventuale curiosità e la voglia del bambino di sperimentare e di esplorare, con la sua necessità di trovare sempre nuovi stimoli.
A livello biologico, sembrerebbe che i bambini con disturbo oppositivo-provocatorio abbiano un deficit nel sistema che controlla l’inibizione dei comportamenti aggressivi a causa anche di un basso livello di serotonina (un neurotrasmettitore implicato nella regolazione dell’umore) e di cortisolo (definito come l’ormone dello stress).
Da un punto di vista cognitivo giocano un ruolo anche le cosiddette distorsioni cognitive, cioè i pensieri che facciamo rispetto a ciò che ci accade e quindi il modo in cui interpretiamo le situazioni. In particolare sia i bambini con disturbo oppositivo-provocatorio che i loro genitori tendono ad avere un locus of control esterno, attribuiscono cioè i comportamenti problematici a cause e motivi non dipendenti da sè stessi. I genitori considerano questi comportamenti come tratti intenzionali, stabili e volutamente non controllati; i bambini hanno difficoltà nel valutare in maniera corretta le situazioni, nello scegliere una soluzione adeguata per risolvere i conflitti, e quindi valutare l’efficacia della propria strategia.
Fattori contestuali
Il sistema educativo si alterna spesso tra disciplina inconsistente e incoerente ed eccessiva rigidità e coercizione.
Il punto centrale è che, dando attenzione ai comportamenti problematici, si stimola e si aumenta la probabilità che vengano ripetuti mentre i comportamenti positivi, essendo trascurati, tendono a verificarsi con minor frequenza.
Questo circolo vizioso negativo rimanda al bambino un’immagine negativa di sé e delle proprie scarse capacità, spingendolo a non cercare di migliorare.
Anche nella scuola i bambini con DOP accumulano esperienze negative. I continui rimproveri degli insegnanti e le reazioni dei compagni, i quali tenderanno ad isolarli, contribuiscono ad acuire problemi nell’apprendimento e nelle relazioni. Il bambino che sperimenta l’altro come ostile e giudicante, si creerà la convinzione che gli altri sono pericolosi e che quindi bisogna difendersi.
Dal canto loro i genitori avranno una percezione distorta delle proprie capacità genitoriali, innalzeranno il loro livello di stress e di frustrazione che li porterà ad abbassare sempre di più il limite di tolleranza.
Nel contesto familiare anche la gestione delle dinamiche in maniera aggressiva (per esempio i litigi tra i genitori, le botte, alzare la voce) spesso modella i comportamenti dei bambini che riflettono e ripropongono gli stessi atteggiamenti dei genitori (Modeling).
I bambini che vivono in contesti socio-culturali svantaggiati hanno infatti una maggiore probabilità di sviluppare un disturbo del comportamento.
Cura e trattamento
L’intervento cognitivo-comportamentale per i bambini e gli adolescenti con problemi di condotta e di aggressività è basato su un modello socio-cognitivo scientificamente fondato, relativo alle modalità di elicitazione della rabbia nei bambini e ai processi attraverso i quali questa sfocia in risposte aggressive. Nel modello in questione si opera una distinzione tra i deficit cognitivi, che si riferiscono a inabilità in specifiche attività cognitive, e le distorsioni cognitive, che si riferiscono, invece, alle percezioni erronee e/o disfunzionali dei soggetti con problemi di aggressività.
Tale modello socio-cognitivo rende evidente il fatto che, quando il bambino incontra uno stimolo potenzialmente attivante la rabbia, sono soprattutto i processi di percezione e di valutazione che questi compie ad influenzare le sue reazioni emozionali e fisiologiche, piuttosto che l’evento in quanto tale. percezioni e valutazioni possono essere accurate o inaccurate e, in larga parte, sono influenzate dalle iniziali aspettative del soggetto, che filtrano la percezione della situazione e orientano l’attenzione selettiva a specifici aspetti, o stimoli, dell’evento attivante. Se il bambino ha interpretato l’evento come minaccioso, provocatorio o frustrante, egli sperimenterà un’attivazione neurovegetativa intensa e successivamente ingaggerà in un set di attività cognitive, dirette a decidere circa un opportuno corso di azione per rispondere all’evento stesso, altamente influenzate dalla valutazione iniziale e dal relativo arousal. L’arousal interno, infatti, ha un’interazione reciproca con i processi di valutazione del bambino, dal momento che egli deve interpretare ed etichettare le connotazioni emotive di tale attivazione neurovegetativa e, inoltre, a causa del fatto che l’accresciuta attivazione emotiva focalizza l’attenzione del bambino soprattutto sugli stimoli associati con possibili minacce, egli tenderà molto frequentemente a sentirsi arrabbiato.
Questi tre insiemi di attività interne – (1) percezione e valutazione, (2) attivazione neurovegetativa e (3) problem-solving interpersonale – contribuiscono alle risposte comportamentali del bambino e alle successive conseguenze che egli elicita da parte dei coetanei e degli adulti e che sperimenta internamente come auto-valutazioni. Le reazioni da parte delle altre persone possono poi diventare degli eventi stimolo, che danno vita ad un nuovo ciclo, attraverso circuiti di feedback, diventando ricorrenti unità comportamentali, collegate tra loro. Non di rado può essere utile concentrare l’attenzione sulle cognizioni dei genitori e degli insegnanti piuttosto che su quelle dei bambini.
Le attribuzioni genitoriali negative e pessimistiche sono da tenere in debito conto, dal momento che, non solo generano stati emotivi negativi nei genitori (per esempio rabbia e frustrazione), ma li inducono anche ad assumere delle pratiche disciplinari fallimentari o peggiorative.